Gli anni ’60 segnano un periodo cruciale per l’immigrazione in Francia.
Il paese, in piena ricostruzione e in rapida crescita economica, aveva un urgente bisogno di manodopera. Tra le numerose nazionalità che hanno contribuito a questo sviluppo, gli italiani occupano un posto particolare: la loro storia migratoria in Francia è profondamente radicata in decenni di movimenti di popolazione e di eventi geopolitici significativi, come il fascismo italiano e la Seconda Guerra Mondiale.
L’arrivo degli italiani in Francia negli anni ’60 si inserisce in una lunga successione di ondate migratorie.
Prima del 1960, la Francia aveva già conosciuto varie ondate di immigrazione europea, volte a soddisfare i crescenti bisogni di manodopera nell’industria, nell’agricoltura e nei grandi cantieri infrastrutturali. Già dalla fine del XIX secolo, in un contesto di crescita economica e declino demografico, la Francia organizzava l’accoglienza di lavoratori stranieri, provenienti in particolare dall’Europa orientale — polacchi, cechi, ungheresi — destinati a miniere, fabbriche e ferrovie.
Gli italiani furono tra i primi e più numerosi a stabilirsi in modo duraturo. Quest’immigrazione, iniziata già negli anni 1880, si intensificò con la crisi economica italiana e la povertà cronica di regioni come il Veneto, la Calabria o gli Abruzzi. Si ritrovano in tutte le aree strategiche dell’economia francese:
– Nel Sud-Est (Alpi Marittime, Provenza, Rodano-Alpi): attivi nell’edilizia, nei lavori pubblici, nella coltivazione orticola, nella viticoltura o come scalpellini;
– Nei bacini industriali e minerari del Nord-Pas-de-Calais e della Lorena: impiegati in miniere, acciaierie, altiforni e scali ferroviari;
– Nell’area parigina: massicciamente coinvolti nei grandi cantieri urbani — costruzione della metropolitana, strade, ponti, edifici e infrastrutture pubbliche. Anche nelle campagne dell’Île-de-France, molti lavoravano come braccianti agricoli in condizioni dure. Addetti ai lavori più pesanti, come il diserbo manuale delle barbabietole, passavano ore chini sotto il sole cocente o nel fango, per salari modesti e in assenza di protezione sociale. Le condizioni abitative erano spesso indegne: alloggi insalubri, umidi, privi di acqua corrente, bagni o servizi igienici, dove più membri della stessa famiglia vivevano in una o due stanze.
– In Piccardia e in altre regioni rurali: molti italiani furono impiegati nelle grandi aziende agricole, in particolare nelle coltivazioni di cereali, barbabietole da zucchero e nell’allevamento;
– Nel Sud-Ovest, nel Centro e in Linguadoca: partecipavano alla vendemmia, alla raccolta del tabacco, di frutta e verdura, spesso seguendo il ritmo delle stagioni, talvolta con tutta la famiglia.
Venuti spesso da soli o per periodi temporanei, molti finirono per stabilirsi definitivamente, facendo venire anche le mogli e i figli. Aprirono bar, negozi di alimentari, sartorie o botteghe di calzolai, partecipando attivamente alla vita economica e sociale dei territori. Ben prima del 1960, gli italiani costituivano la principale comunità straniera in Francia, lasciando un segno duraturo nel paesaggio culturale, culinario e umano di molte regioni.
Dopo gli italiani, la Francia vide l’arrivo massiccio di spagnoli e portoghesi, spesso in fuga da regimi dittatoriali, così come di lavoratori provenienti dal Maghreb (Algeria, Tunisia, Marocco). L’immigrazione maghrebina, soprattutto algerina, fu tra le più antiche e importanti, spesso regolata da accordi bilaterali per lavori poco qualificati.
Immigrazione attuale: Oggi il panorama migratorio è ancora più diversificato, con flussi provenienti dall’Unione Europea, dall’Africa, dall’Asia e da altri continenti. Questi movimenti sono influenzati da fattori economici, geopolitici e umanitari globali. La legislazione francese tende a essere più restrittiva, cercando di controllare i flussi e favorire l’integrazione, alimentando dibattiti permanenti sui permessi di soggiorno e sull’assimilazione linguistica.
L’esperienza degli immigrati italiani in Francia fu profondamente segnata dalla salita al potere del fascismo in Italia e dal trauma della Seconda Guerra Mondiale.
Italia fascista (anni 1920–1940): L’ascesa di Benito Mussolini ebbe ripercussioni complesse. Da un lato, il regime cercava di frenare l’emigrazione per rafforzare la nazione; dall’altro, voleva controllare e “fascistizzare” le comunità italiane all’estero, anche in Francia, tramite organizzazioni come i Fasci all’estero. Ciò provocò forti divisioni tra fascisti, antifascisti e neutrali. Molti antifascisti trovarono rifugio in Francia, spesso sotto stretta sorveglianza.
Seconda Guerra Mondiale (1939–1945): L’ingresso dell’Italia in guerra al fianco della Germania nel giugno 1940 ebbe conseguenze drammatiche. Molti italiani passarono da “amici” a cittadini di una potenza nemica.
Dopoguerra: Nonostante il passato doloroso, le esigenze economiche prevalsero. L’Italia devastata vide riprendere fortemente l’emigrazione negli anni ’50 e ’60, con popolazioni segnate dai traumi del conflitto e da identità complesse.
Negli anni ’60, l’accoglienza degli italiani era regolata principalmente da accordi bilaterali che organizzavano un’immigrazione legale e controllata, come quello del 21 marzo 1951 tra Francia e Italia.
Diritti:
Doveri:
Malgrado il quadro giuridico favorevole, la vita quotidiana era spesso dura:
La nuova emigrazione italiana: profili qualificati
Se negli anni ’60 l’emigrazione italiana era composta in prevalenza da operai non qualificati, oggi il profilo è cambiato radicalmente.
Una nuova generazione di emigranti:
Questa nuova emigrazione mostra come le dinamiche migratorie cambino nel tempo, secondo contesti economici e geopolitici, creando esperienze molto diverse tra le generazioni.
Giorgio‑Orazio SPIDO
Presidente dell’Alleanza Italiana Universale
Les années 1960 marquent une période charnière pour l’immigration en France. Le pays, en pleine reconstruction et connaissant une croissance économique rapide, avait un besoin pressant de main-d’œuvre. Parmi les nombreuses nationalités qui ont contribué à cet essor, les Italiens occupent une place singulière, leur histoire migratoire en France étant profondément ancrée dans des décennies de mouvements de population et d’événements géopolitiques majeurs, notamment le fascisme italien et la Seconde Guerre mondiale.
L’arrivée des Italiens en France dans les années 1960 s’inscrivait dans une longue succession de vagues migratoires
Avant 1960, la France avait déjà connu plusieurs vagues d’immigration européennes, destinées à répondre aux besoins croissants de main-d’œuvre dans l’industrie, l’agriculture et les grands chantiers d’infrastructures. Dès la fin du XIXe siècle, dans un contexte de croissance économique et de déclin démographique, la France organise l’accueil de travailleurs étrangers, notamment venus d’Europe de l’Est — Polonais, Tchèques, Hongrois — pour ses mines, usines et voies ferrées.
Les Italiens furent parmi les premiers et les plus nombreux à s’installer durablement. Cette immigration, amorcée dès les années 1880, s’intensifia avec la crise économique en Italie et la pauvreté endémique de certaines régions comme la Vénétie, la Calabre ou les Abruzzes. On les retrouve dans toutes les régions stratégiques de l’économie française :
– Dans le Sud-Est (Alpes-Maritimes, Provence, Rhône-Alpes), ils étaient très présents dans le bâtiment, les travaux publics, les cultures maraîchères, les vignes ou comme tailleurs de pierre ;
– Dans les bassins industriels et miniers du Nord-Pas-de-Calais et de Lorraine, ils travaillaient dans les mines, les aciéries, les hauts-fourneaux et les gares de triage ;
– En région parisienne, les immigrés italiens furent mobilisés massivement sur les grands chantiers urbains : construction du métro, des routes, des ponts, des immeubles et des infrastructures publiques. Mais leur présence ne se limitait pas aux villes. Dans les campagnes d’Île-de-France, ils étaient nombreux à travailler comme journaliers ou ouvriers agricoles, souvent dans des conditions éprouvantes. Employés comme saisonniers, ils étaient affectés aux tâches les plus pénibles, notamment le binage des betteraves — un travail harassant, accompli à la main, courbés des heures durant sous un soleil écrasant ou dans la boue. Leur salaire, modeste, ne s’accompagnait d’aucune réelle protection, et leurs conditions de vie étaient souvent indignes : logés dans des habitations insalubres, humides, sans eau courante, sans toilettes ni salle de bains, plusieurs membres d’une même famille s’entassaient dans une ou deux pièces.
– En Picardie, comme dans d’autres régions rurales, de nombreux Italiens furent employés dans les grandes exploitations agricoles, notamment dans les cultures céréalières, la betterave sucrière et l’élevage, où ils formèrent une main-d’œuvre discrète mais essentielle ;
– Dans le Sud-Ouest, le Centre et le Languedoc, ils prenaient part aux vendanges, à la récolte du tabac, des fruits et légumes, souvent au rythme des saisons, parfois en famille.
Souvent d’abord venus seuls ou pour des séjours temporaires, beaucoup d’Italiens finirent par s’installer durablement, faisant venir leur épouse et leurs enfants. Ils ouvrirent des cafés, des épiceries, des ateliers de couture ou de cordonnerie, participant activement à la vie économique et sociale des territoires. Bien avant 1960, les Italiens formaient ainsi la première communauté étrangère en France, marquant durablement le paysage culturel, culinaire et humain de nombreuses régions.
L’expérience des immigrés italiens en France a été profondément marquée par la montée du fascisme en Italie et le traumatisme de la Seconde Guerre mondiale.
Dans les années 1960, le cadre d’accueil des Italiens était principalement structuré par des accords bilatéraux visant à organiser une immigration légale et contrôlée pour répondre aux besoins économiques français. L’accord général d’immigration du 21 mars 1951 entre la France et l’Italie en est un exemple clé.
Leurs Droits
Leurs Devoirs
Malgré ce cadre légal, la vie des émigrés italiens restait souvent difficile :
La Nouvelle Vague d’Émigration Italienne : Des Profils Qualifiés
Si les années 1960 ont vu une émigration italienne principalement ouvrière et peu qualifiée, motivée par la nécessité économique d’après-guerre, la situation a radicalement changé ces dernières décennies. Une nouvelle vague d’émigration italienne vers la France (et d’autres pays européens) est apparue, caractérisée par un profil bien différent :
Cette nouvelle émigration italienne illustre parfaitement comment les dynamiques migratoires évoluent avec le temps, les contextes économiques et les cadres géopolitiques (comme la construction européenne), produisant des profils de migrants et des expériences très différents d’une époque à l’autre.
Giorgio‑Orazio SPIDO
President de l’Alliance Italienne Universelle
The 1960s mark a pivotal period for immigration in France. The country, undergoing reconstruction and experiencing rapid economic growth, faced an urgent need for labor. Among the many nationalities that contributed to this development, Italians hold a singular place. Their migratory history in France is deeply rooted in decades of population movements and major geopolitical events, including Italian fascism and World War II.
The arrival of Italians in France in the 1960s was part of a long succession of migration waves.
Before 1960, France had already experienced several waves of European immigration to meet the growing demand for labor in industry, agriculture, and major infrastructure projects. As early as the late 19th century, in a context of economic expansion and demographic decline, France organized the recruitment of foreign workers, particularly from Eastern Europe — Poles, Czechs, Hungarians — for its mines, factories, and railways.
Italians were among the first and most numerous to settle permanently. This migration, which began in the 1880s, intensified due to the economic crisis in Italy and endemic poverty in regions like Veneto, Calabria, and Abruzzo. They became part of every strategic area of the French economy:
– In the Southeast (Alpes-Maritimes, Provence, Rhône-Alpes), they worked in construction, public works, market gardening, vineyards, or as stonemasons;
– In the industrial and mining basins of Nord–Pas-de-Calais and Lorraine, they were employed in mines, steelworks, blast furnaces, and marshalling yards;
– In the Paris region, Italian immigrants were heavily involved in major urban construction projects: metro lines, roads, bridges, apartment buildings, and public infrastructure. But their presence extended beyond cities. In the rural areas of Île-de-France, many worked as day laborers or agricultural workers, often under grueling conditions. Hired as seasonal workers, they were assigned the most demanding tasks, such as manually weeding sugar beets — backbreaking work, done by hand, hunched for hours under scorching sun or in the mud. Their pay was modest and came with no real protections, and their living conditions were often deplorable: damp, unhealthy dwellings without running water, toilets, or bathrooms, where entire families crowded into one or two rooms.
– In Picardy and other rural regions, many Italians worked on large farms, particularly in cereal crops, sugar beets, and livestock farming, forming a discreet but essential labor force;
– In the Southwest, the Centre, and Languedoc, they took part in grape harvesting, and in collecting tobacco, fruits, and vegetables — often following seasonal rhythms, sometimes as family units.
Initially arriving alone or for temporary stays, many Italians eventually settled permanently, bringing their wives and children. They opened cafés, grocery stores, tailoring or shoe repair shops, and actively participated in the economic and social life of the territories. Well before 1960, Italians formed the largest foreign community in France, leaving a lasting mark on the cultural, culinary, and human landscape of many regions.
From the 1960s Onward
After the Italians, France saw a massive influx of Spaniards and Portuguese — often fleeing dictatorships — as well as workers from the Maghreb (Algeria, Tunisia, Morocco). Among these, Algerian immigration was one of the most significant and long-standing, often framed by bilateral agreements for low-skilled jobs.
Contemporary immigration: Today, France’s migratory landscape is even more diverse, with flows coming from the European Union, Africa, Asia, and other continents. These movements are shaped by global economic, geopolitical, and humanitarian factors. French immigration law tends to be stricter, aiming both to regulate flows and to promote integration — a balance that fuels ongoing debates about residence permits and language assimilation.
The experience of Italian immigrants in France was deeply marked by the rise of fascism in Italy and the trauma of World War II.
Fascist Italy (1920s–1940s): The rise of Benito Mussolini and the fascist regime had complex repercussions. On one hand, the regime tried to curb emigration to keep Italians in Italy to build the nation. On the other, it sought to control and “fascistize” Italian communities abroad — including in France — through organizations like the Fasci all’estero. This caused deep divisions among Italians in France, between fascists, anti-fascists, and those striving for neutrality. Many Italian anti-fascists sought refuge in France, often under close surveillance.
World War II (1939–1945): Italy’s entry into the war on the side of Nazi Germany in June 1940 had dramatic consequences. Overnight, many Italians went from being “friendly” foreigners to citizens of an enemy state.
Post-war: Despite this painful past, economic needs prevailed after the war. Italy, devastated, again experienced a wave of emigration. The 1950s and 1960s thus saw a large resumption of Italian immigration, involving populations carrying the trauma of conflict and complex identities.
In the 1960s, the reception of Italians in France was primarily structured by bilateral agreements designed to regulate legal and controlled immigration to meet France’s economic needs. A key example is the General Immigration Agreement of March 21, 1951, between France and Italy.
Their Rights:
Their Duties:
Despite the legal framework, Italian emigrants often faced difficult living conditions:
The New Wave of Italian Emigration: Skilled Profiles
While the 1960s saw mostly working-class, low-skilled emigration motivated by post-war economic necessity, recent decades have brought a radically different profile.
A new type of emigrant:
This new wave of Italian emigration illustrates how migratory dynamics evolve over time, shaped by economic contexts and geopolitical frameworks (such as European integration), producing very different migrant profiles and experiences across generations.
Georges Orazio Spido,
President of the Universal Italian Alliance